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IL PAGLIA NON Ѐ UN CANCRO ...
IL PAGLIA NON Ѐ UN CANCRO DA CUI BISOGNA DIFENDERSI LA PREVENZIONE COME POTENZIALE LAVORATIVO Santina Muzi 1ª parte Rabbia, incertezza, sfiducia. Questi prevalentemente i sentimenti espressi dai cittadini orvietani colpiti dall’alluvione che il 12 novembre ha invaso la bassa Valle del Paglia. Davanti al sindaco Concina, all’assessore Margottin, al presidente della Giunta Frizza, i titolari delle imprese distrutte hanno dato sfogo al livore per i danni subiti, anche se sarebbe stato meglio indirizzarlo verso altri obiettivi considerato che la situazione è quella che è per decisioni e scelte iniziate negli anni ’Sessanta, le stesse che hanno dislocato scuole, attività produttive, OSPEDALE... al di là del fiume ed hanno consentito la costruzione di centri abitati in una piana alluvionale. Il Paglia non è un cancro, come impropriamente qualcuno l’ha definito. Da che mondo è mondo il fiume è sempre stato ricchezza, fonte di vita, via di comunicazione... E il fiume si è sempre spaparanzato come più gli è parso, invadendo la piana, rifiutando i ponti, vedi “Ponte Giulio”, rodendo e corrodendo le crete fino ad inghiottire diversi ettari di terreno agricolo. Noi abbiamo dimenticato la storia dei nostri corsi d’acqua, e chi doveva governare al meglio per il bene della comunità nel momento in cui ha consentito di occupare lo spazio che spetta al fiume ha commesso errori irreparabili, di cui oggi subiamo le conseguenze. Tant’è, la situazione è ormai definita, nel senso che la periferia ha questo tipo di assetto e volenti e nolenti con il fiume dobbiamo convivere. Ma è proprio questo che sgomenta i cittadini che in quel tratto di pianura depressa hanno le loro abitazioni e le stesse attività commerciali e produttive. Temono che, come successo un anno fa, l’alluvione possa ripetersi. Appena il tempo di riprendersi, ed ecco un’altra calamità “naturale” a piegare la volontà e la capacità di rialzarsi. Eppure la pioggia non è stata poi eccezionale, non tale da spiegare la grave portata delle conseguenze. Lo ha affermato l’assessore Margottini. Ed infatti i bollettini parlavano di bassa criticità. Nessuno poteva prevedere, quindi nessuno ha avvertito nessuno. <
> ha detto il sindaco Concina. E per fortuna! Allora, se la diga a monte nella zona di Trevinano e quella di Corbara a valle sul Tevere erano entrambe chiuse, che cosa ha incentivato la furia del fiume? Qualcuno accenna alla complanare come se quella striscia sostanziosa, non ancora compiuta e protesa sul fiume, possa aver costituito una specie di tappo per cui l’acqua vorticando ha cercato ulteriori sbocchi tornando indietro. Si potrebbe spiegare in questo modo l’invasione nella zona de “I Pioppi” e di quel tratto della Svolta sulla riva opposta occupata da villette, abitazioni private, stalle regolarmente registrate e non. Il ponte di Santa Illuminata, chissà per quale errore del passato divenuto dell’Adunata, il giorno dell’alluvione è realmente divenuto il ponte dell’Adunata! Nel senso che tronchi, immondizie e quanto travolto dal fiume si è ammassato contro i piloni, ostruendo il passaggio dell’acqua. <
> dice Fausto Paradiso che ha rischiato grosso perché in tutti i modi ha cercato di raggiungere la sua officina. Ha dovuto precipitosamente fare marcia indietro di fronte al muro d’acqua che si è visto venire incontro. La zona di Santa Letizia già un anno fa si era trovata in situazione analoga. Ma allora la quantità di pioggia era stata decisamente più elevata. Allora perché quest’ anno tutte le attività e le abitazione su quel tratto dell’Amerina sono state coinvolte in maniera così devastante? Si pensa alla confluenza del Paglia nel Tevere. <
> La causa più evidente di tanto disastro sembra da attribuirsi alla mancata manutenzione di tutti i corsi d’acqua esistenti sul territorio, senza dimenticare il Chiani con il suo carico di pietre e macigni che vanno ad ostruire la confluenza nel Paglia per cui il Chiani, che pure nei tempi attuali ha un corso brevissimo, senza rispettare il curvone che lo vuole nel letto del Paglia, dal suo piedistallo sopraelevato ogni volta sceglie di lanciarsi nella corsa in avanti e si proietta allagando i laghetti, il parco e la pianura fino alla stazione ferroviaria. Se realmente il disastro, oltre alla concomitanza di tanti fattori, va attribuito in prevalenza alla mancanza di adeguata manutenzione, ben venga il suggerimento dei fratelli Bellagamba: <
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