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In fondo a piazza XXIX Marzo sorge la chiesa di San Domenico, edificata nel XIII sec. (probabilmente tra il 1233 e il 1239), forse sulle rovine di un antico tempio di Minerva, e consacrata solennemente da S.Tommaso d’Aquino nel 1264. Essa, prima costruzione domenicana nel mondo, secondo alcuni fu dedicata a Domenico di Guzman poiché vi era stato canonizzato; per altri, fu innalzata sul luogo dove il santo fondò un piccolo oratorio (1220). Nel 1260-’80 fu eretto il nuovo edificio: una chiesa a sala (hallenkirche) con un corpo di fabbrica longitudinale a tre navate, la principale delle quali era strutturata in sette campate coperte a tetto, mentre quelle laterali erano strette. All’esterno, gli angoli del transetto, della tribuna e delle pareti divisorie delle cappelle furono trattati come pilastri rettangolari con filari di marmi bianchi e neri in travertino e basalto, motivo derivato dalla tradizione romanica toscana, innovativo in Umbria, impiegato qui per la prima volta nella città e poi ripreso nel Duomo. Nella chiesa la sovrapposizione di elementi architettonici gotici con quelli romanici è testimoniata dalla convivenza di grandi archi a tutto sesto e ogivali. L’edificio in seguito subì dei danni: il campanile, il tetto della chiesa e del chiostro furono distrutti da un grande incendio (1311); nel 1401 Giovanni Tomacello restaurò la costruzione per incarico papale e alla fine del sec. XVII essa venne trasformata in forme barocche. Nel 1934 fu vittima di un pesante intervento di ridimensionamento per realizzare la sede dell’Accademia femminile di Educazione Fisica, disegnata nel 1932 dall’architetto Pintonello ed attualmente occupata dalla Guardia di Finanza. Il corpo delle navate e le cappelle furono interamente demoliti, lasciando in piedi solo il transetto, e poco dopo si restaurò quanto rimaneva. La facciata in stile gotico presenta un portale ogivale, trasferito qui dalla distrutta chiesa dell’ospedale di S.Spirito degli Armeni ed avente nella lunetta un affresco con la Madonna col Bambino (inizi del ’400). Al di sopra si trova un’alta bifora e un piccolo rosone delineati da un’alternanza di pietre grigie e bianche. Ai lati della facciata vi sono due fascioni; sul lato destro, un arco ed il campanile a vela. All’interno, nella parete occidentale spicca il Monumento funebre al cardinale Guglielmo De Braye (morto ad Orvieto nel 1282), qui riprodotto disteso sul letto di morte, opera di Arnolfo di Cambio (1285). Il sarcofago contiene il corpo dell’alto prelato svelato da due chierici, che sollevano un drappo, e, in alto, in tre nicchie, quattro statue: la Madonna in trono col Bambino al centro, tra S.Domenico e il cardinale orante con S.Marco (o S.Pietro). Di recente si è scoperto che alcuni elementi architettonici del monumento furono ricavati da un sarcofago romano strigilato e che la Vergine è in realtà una statua romana del II sec., a cui l’artista applicò una protesi col putto e la mano che lo regge. La stessa parete, a sin. dell’odierno ingresso, ospita la Visitazione, dipinto di Cesare Nebbia; la Madonna del Rosario di Antonio Tempesta e il Sepolcro di Girolamo Magoni (morto nel 1586), in marmo rosso di Prodo, opera d’Ippolito Scalza (sec. XVI) e proveniente da una cappella delle navate abbattute. Alla parete contigua, sopra l’altare, v’è un crocifisso ligneo del sec. XIII (scuola di Giovanni Pisano), che, secondo la tradizione, parlò a S.Tommaso d’Aquino. Il santo soggiornò nel convento domenicano (1263), insegnando teologia per tre anni dalla cattedra le cui tavolette sono conservate in sagrestia e componendo qui, per volere di Urbano IV, l’Officio del Corpus Domini in occasione del miracolo di Bolsena. Proprio per questo motivo, come riferisce la leggenda, il crocifisso si sarebbe complimentato col santo, dicendogli “ Bene, Thoma. De hoc meo sacramento scripsisti ”. Altri affreschi deteriorati del 1430 decorano le pareti rimanenti; nella cappella a d. della tribuna, Crocifisso, S.Tommaso d’Aquino e offerente (sec. XIV). Sotto l’altare maggiore si trova la Cappella della Famiglia Petrucci di Siena, opera del Sanmicheli (1516-’23) e commissionata da Girolamo Petrucci, con camera sepolcrale ottagonale articolata in nicchie circolari; su un architrave continuo sorretto da lesene v’è incisa la lode funebre in lettere capitali. Il pavimento in maiolica presenta un gioco di effetti policromi e lo stemma dei Petrucci. Nella cappella il Sanmicheli usò per la prima volta il mattone come materiale da costruzione, poi utilizzato anche nel Pozzo di S.Patrizio.
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